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Dai miei appunti di viaggio nella scuola degli umani (Tratto dal libro “Magigum tra gessetti, lavagne e registri di classe)

 

Un esagono inscritto in una circonferenza

 

Un tipo particolare, a suo modo anche piuttosto simpatico, è il professor Savino, l’insegnante di disegno tecnico, o tecnologia, come si chiama la sua materia. Lui, di solito, entra in classe, fa l’appello, ci invita a tirare fuori dalle cartellette larghe e trasparenti l’occorrente per disegnare e ci annuncia quale sarà la figura geometrica che costruiremo in quel giorno. Nel caso di stamattina: un esagono inscritto in una circonferenza. Di solito, poi, ci invita a stare attenti e parte come un razzo verso la lavagna. Il gessetto bianco in mano, inizia a tracciare velocissimo una serie di linee, rette, segmenti e cerchi, mentre dice: “si fa così, poi così, così, ancora così, così, così, così e così. E’ chiaro per tutti?”

La velocità dell’esecuzione, veramente pochi secondi, fornisce a tutti l’impressione che sia estremamente facile costruire quel disegno, per cui la risposta collettiva è: “sì, è chiarissimo”. Poi, nel momento in cui ciascuno di noi, afferrate matita, riga lunga, squadra e squadretta, si cimenta nel tentativo di riprodurre ciò che appare completo e perfetto alla lavagna, quello che sembrava semplice diventa invece una sorta di scalata ad ostacoli, dove, errore dopo errore, più che un esagono inscritto in una circonferenza viene fuori una specie di aquilone sghembo che è stato appena ingoiato da un elefante.

“Professore ci rispiega?” implora solitamente tutta la classe in coro, osservando ciascuno con disgusto il proprio elefante mangia aquiloni.

Il prof Savino, pazientemente, si alza dalla cattedra, impugna nuovamente il gessetto bianco, e dice ogni volta: “Dado, cancella la lavagna”.

Il mio compagno di banco che ripulisce la superficie nera della lavagna è uno spettacolo al quale tutti dovrebbero assistere almeno una volta. Dire che è preciso e meticoloso è sminuire la sua ineguagliabile abilità nello svolgere questo compito. Ho visto altri miei compagni, alle prese con la cancellatura della lavagna, lasciare segni visibili dei tratti di gesso più marcati; altri cancellare senza curarsi minimamente dei quattro angoli che continuano a mostrare pezzetti di parole e numeri del giorno prima; quasi tutti lasciare la polvere bianca di gesso accumularsi nella parte bassa della cornice di legno che circonda la lavagna e che segna inevitabilmente con una riga bianca la gonna o i pantaloni di chiunque si avvicini poi alla superficie di ardesia. Ho visto addirittura alcuni, e tra questi anche dei professori, che per velocizzare l’operazione non perdono tempo nemmeno a prendere il cancellino, ma creano un minuscolo spazio tra i vari passaggi di una espressione algebrica scritta nell’ora precedente, passando due dita nella mano su un pezzetto di lavagna, così, tanto per poterci scrivere una o due parole al massimo, incastonate tra numeri ormai resi senza senso. Dado no, non fa così, anzi inorridisce nel vedere tali mal eseguite pulizie. Lui si alza dal banco, prende il cancellino, lo osserva, poi apre la finestra e lo batte con forza sul muro esterno per pulirlo ben, bene. Poi si avvicina alla lavagna e la pulisce dall’alto verso il basso, da sinistra a destra, con una sola attenta ed energica passata che la rende perfettamente nera, come nuova. Ancora, dispone il cestino della carta sotto la lavagna e con un piede lo sposta man mano che fa cadere la povere bianca che si è accumulata sul bordo inferiore. Infine, torna a pulire il cancellino sul muro esterno e lo ripone al suo posto. Oltre ad essere estremamente preciso, Dado è anche rapido e quella che sembra essere la preoccupazione principale del prof di disegno tecnico, non perdere tempo, risulta quindi pienamente rispettata. Efficiente e rapido: bravo Dado! 

Ma torniamo al professor Savino e al suo esagono inscritto in una circonferenza: “voi non avete capito e io vi rispiego, mi pare giusto”.

Gesso in mano, schiena alla classe, di nuovo partenza lanciata del prof: “si fa così, così, così, così, e ancora così”.

Battuto il record di velocità della volta precedente e il suo perfetto esagono è ancora perfettamente inscritto nella circonferenza. Stavolta è sembrato ancora più facile, stavolta non si può sbagliare. Ciascun alunno riprende gli strumenti da disegno e ritenta su un altro foglio, sicuro di eseguire il compito alla perfezione. Invece no, anche stavolta, passaggio dopo passaggio, sui nostri fogli vediamo apparire strani mostri all’interno dei quali sono contenute figure astratte che niente hanno a che fare con un esagono. Uno dopo l’altro, furtivamente prima e poi in maniera sempre più palese e collettiva, prendiamo una decisione drastica e ci avviciniamo a Caterina e a Dado che, con sana lentezza e con attenzione a tutti i vari passaggi che seguono sul libro di testo, stanno costruendo il loro esagono inscritto nella circonferenza, bello e preciso come quello del prof.

Caterina, prima di ogni operazione, spiega al mio compagno cosa dovrà fare e lo invita a tracciare segni sul foglio, dando dei suggerimenti: “adesso unisci questi due punti, attento, tieni ferma la squadra con la mano sinistra, tira una linea da A fino a C, bene”.

In alcuni passaggi, quelli più complicati, come quando è necessario usare il compasso, aiuta fisicamente Dado a tenerlo nella mano destra e a ruotarlo senza staccarlo dal foglio. Noi osserviamo e rubiamo quei segreti, facendo la spola tra il banco di Dado e i nostri, dove, su un nuovo foglio, riprendiamo il lavoro da capo.  Man mano che procediamo, è la stessa Caterì che si avvicina a noi, girando fra i banchi, e ci corregge  quando si accorge che stiamo saltando qualche passaggio o abbiamo commesso degli errori. Dado, quando inizia il nostro andirivieni veloce e furtivo, in un primo momento fa finta di arrabbiarsi e ci grida: “n-n-non copiate, asini!”, poi, però, ci lascia fare e gongola di gioia e di soddisfazione per essere stato il più bravo, seppur con l’aiuto della sua Caterì.

Il professor Savino non dice nulla, facendo finta di non accorgersi di quello che succede. L’importante è che, alla fine, tutti abbiano consegnato il loro lavoro, più o meno preciso, ma decisamente simile ad un esagono inscritto in una circonferenza. Mi piacerebbe sapere cosa pensa il professor Savino mentre noi cerchiamo aiuto da Caterina. Faccio un’ipotesi e voi prendetela solo come tale. Il prof, secondo me, pensa: “che classe di somari, qui avrebbero tutti bisogno di sostegno!”

di Carlo Scataglini

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